Poesia, comicità e barba.

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Qualcuno ha provato a chiedermi cos’è la poesia. Ma la cosa più triste è che era assolutamente convinto di avere la risposta. La risposta non c’è, mettetevi il cuore in pace, se ne avete uno. Possiamo provare a capire cosa sia una poesia ben costruita, per così dire. E una poesia brutta, pure. Una che ci emoziona o una che non ci porta proprio da nessuna parte. Ma dal momento che una poesia è brutta, è già poesia non vi pare?  Cercare una definizione esaustiva non solo mi sembra una cosa improbabile, ma altresì priva di interesse, per quanto mi riguarda. Per ciò io consiglio a tutti di scrivere, misurarsi liberamente con la carta. Certo è importante acquisire gli strumenti d’espressione, farli propri, seguire una spinta creativa che poi non necessariamente deve svilupparsi solo tramite la parola. Non si sa dove può portarci la ricerca. Per esempio mai avrei immaginato di divertirmi con la scrittura, di affrontare temi marginali, leggeri o apparentemente insignificanti. Pensavo fosse proibito e col tempo ho capito che non era affatto cosi.  Che il sacro è ancora più interessante quando viene dissacrato. Che non c’è proprio nulla di proibito. C’è invece sempre il venerabile Jorge da Burgos di turno che ti dice che non c’è un cazzo da ridere, che il riso è un vento diabolico che deforma  il volto e rende gli uomini simili alle scimmieMa le scimmie non ridono. E se vogliamo dirla tutta, la poesia è senz’altro una cosa seria. Come la comicità, del resto.

 

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