Qualche anno fa suonavo la tromba ma questo non c’entra col post. Mi piaceva suonare, soffiare dentro al ferro. Era straordinario come l’aria, dopo aver sofferto la stretta di tutto quel tubo piegato e luccicante uscisse dalla cornetta travestita da suono, per poi tornare un’altra volta aria. Ma questo non c’entra col post.
Qualche anno fa Davide Bava, amico e poeta Torinese, mi ha proposto per il suo progetto RadioBlueNote di improvvisare alcune poesie facendomi ispirare dal Jazz. Trasformare una suggestione musicale in parole. Come se il suono mi entrasse nelle orecchie per uscire dalla bocca con un altro vestito.
Io gli ho detto di si, a Davide.
Gli ho detto: “Davide mi sembra una bella idea questa tua idea”. Certo io non sono un improvvisatore, nel senso che non credo proprio all’improvvisazione. Non ci credo per niente. Credo si, che ci sia una sorta di qualità nella prontezza di risposta ad uno stimolo inaspettato, ma l’improvvisazione è muoversi su scale o strutture delle quali si è già padroni. Come fanno quelli che suonano il Jazz.
E poi credo che la qualità, almeno nella scrittura, nasca da un lavoro severo sulla parola, sulla composizione, sul suono e sul verso. Sebbene non penso che ogni poesia debba puntare ad essere un capolavoro -a volte si scrive con altri intenti- penso che l’importante sia sapere sempre cosa si sta facendo.
Questa è una mia opinione, certo, ma io scrivo le mie opinioni qui, mica quelle degli altri.
Allora Davide mi ha mandato dei pezzi dixieland. Il dixieland mi ha fatto venire in mente un sacco di cose: il sud degli Stati Uniti, i negri con le scarpe da tip tap, i funerali, le brassband ai funerali, un timpano gigante, i fiori, sette galline sgozzate, il diavolo, un bidone dei panni in ammollo, i dischi che scoppiettano per la polvere, un gatto, la magnolia, bestemmie, vestiti dai colori sgargianti, la Lousiana, un profumo da uomo troppo forte, scarpe lucide, le ghette, le bretelle, il Mississippi, le chiatte di legno del Mississippi con la ruota gigante, il nome del gruppo che suona sulla batteria, il banjo, un grosso culo e New Orleans. Anche se non ci sono mai stato a New Orleans.
E’ nata dunque questa puntata di Radiobluenote.
Funziona cosi; tra un pezzo e l’altro dico cose nel megafono.
Buon ascolto.