Cuchi e gli Slamer



La cosa che mi ha colpito della poesia-critica di Maurizio Cucchi uscita sul Corriere della Sera qualche giorno fa, è che la critica si risolva in un mero, scarsissimo dileggio e che la poesia invece sia orribile. Da uno come lui proprio non me lo aspettavo, uno che mi pare sappia bene che lo spazio sulla carta va guadagnato.

È cosa sacrosanta battagliare per le proprie idee, proporre con forza la propria opinione, anche dileggiare il nemico è lecito in tempi di guerra, ma qui non si può manco concedere l’onore alle armi.

Per dirla tutta non sembra nemmeno una guerra, bensì il solito ritornello ritrito dell’anziano che se la prende con la modernità in maniera scomposta, come prendersela col videocitofono, con gli ascensori, con i treni ad alta velocità, con le patatine ai cinque gusti, con google chromecast.

Lo dico perché questa poesia orrenda punta ad essere ironica e non c’è nulla di più triste di una barzelletta che non fa ridere, di chi maneggia l’ironia come un gatto farebbe con una penna stilografica, una tartaruga con un rossetto, un’anguilla con il telecomando di Netflix.

Rileggiamo questa perla e poi vediamola nel dettaglio:

 

L’utilizzo della figura della scimmia è sciatto, sempliciotto, senza gusto, novità, energia. L’idea del sapiens che diventa insipiens (cioè idiota) è una scelta tragica, sembra la barzelletta di Pierino che deve far ridere per forza perché dice la parola cacca o culo.

Il tono del verso e il passato remoto utilizzato per dare la forma del racconto epico e sottolineare la presa in giro di un’avventura tragicomica dona a questo scritto un patetismo inarrivabile.

La scimmia corre e viene fermata da “L’orrido muro misterioso”. L’orrido muro misterioso? Ma che cazzo di immagine è? A parte la banalità del muro che arresta la corsa che è senza pari, io non ho mai visto definire un muro orrido e manco misterioso. Vedo solo un orrido e misterioso verso che è preceduto e seguito da altri versi altrettanto orridi.

Si scopre allora che la scimmia (o meglio scimio ahahah non riesco a trattenere le risa) di ritorno è pelosissima. Ora, anche cercando qualche significato immaginifico della pelosità, questo aggettivo a me pare solo superfluo come il pelo che prende in considerazione. Forse a Cucchi fanno ridere gli uomini molto pelosi, o più probabilmente vuole sottolineare tricologicamente la discesa del sapiens verso la sua natura selvaggia ( …ma proprio un mattacchione questo Mauriziaccio).

Sta di fatto che qui per me inizia la progressione di un imbarazzo totale, nel silenzio del quale si sentono scricchiolare i denti dei vicini, cigolare le sedie a dondolo di tutti i portici della Louisiana.

Giunge infatti il momento topico della regressione dove la pelosissima scimia diventa infimo ergaster perché le parole del verso si elevino e spingano il lettore in primis a controllare su wikipedia cosa cazzo è un ergaster e dunque realizzare il drastico salto nel passato compiuto dallo scimio. Ed è talmente stupido, questo scimio, che si mette ad ascoltare il rap, gli slamer (!) e gli affini!

Voglio pensare che Cucchi abbia fatto perdere la lettera “M” alla parola slammer per agevolare l’accostamento col primate, perché sennò saremmo di fronte allo stadio avanzato di una diffusa e terribile malattia: la Sindrome dell’uomo dedito all’osservazione assidua dei cantieri, meglio conosciuta come “SUCA”

Lo scimio è dedito all’ascolto dei rapper e gli slamer, si riduce al gregge e allo sballo con antimusica d’incudine e martello.

Maurizio, va bene al gregge, dal quale pochi riescono a sfuggire, ma allo sballo?! Ma cosa vorrà mai dire dedito allo sballo?!

Eh già, non se ne può più di questa droga, di tutti questi rapper slamer e affini che portano la droga.

Non ci è dato di sapere i motivi per i quali Cucchi accosta il rap e lo slam allo sballo, forse la poesia è troppo ermetica o siamo ancora di fronte ad un chiaro sintomo di sindrome di SUCA?

Sappia Cucchi che non esiste antimusica, che non è mai esistita e mai esisterà. E con incudine e martello un tipo che si chiama Tom Waits, che credo abbia circa la sua età, ha fatto una regressione talmente intelligente, che ha prodotto una delle musiche più interessanti di questo secolo.

Adesso magari smettiamo di scherzare caro Cucchi e parliamo di Slammer e di poesia.

Un pensiero riguardo “Cuchi e gli Slamer

  1. L’ha ribloggato su Folk Beat Vendettae ha commentato:

    Siamo alle solite, quando si parla di “arte” ogni accenno di variazione sul tema ferisce nell’orgoglio i baroni parruccati della sacra accademia.
    Come diceva Bene (che probabilmente Cucchi avrà apprezzato nonostante abbia ampiamente rotto schemi e schemini, al tempo suo) “l’arte e’ sempre stata borghese” .
    E storicamente, quei rari artisti provenienti dalla nuda terra piuttosto che dall’aristocrazia culturale erano soliti riscattare se stessi lanciandosi alla scalata sociale , affrancandosi trionfalmente dalla miseria, dal popolo, dalla vita cruda… o almeno questa è la versione che ci e’ stata fornita ( sempre dagli alti uffici).
    Questo per dire che “l’orrido muro” citato nel testo e’ invece un concetto terribilmente corretto, ma che rappresenta la parete padronale che occlude a interessantissime realtà culturali come la Slam Poetry la possibilità di venire legittimata, riconosciuta appieno rimanendo se stessa. Ovvero di restare con propria gente e non, al limite, di trovarsi vittima di un assorbimento coatto come quello che vediamo perfettamente riuscito sulla Street Art o ai piani alti del Rap.
    In questa tedioso componimento, dalle “colonne” del Corriere, Cucchi raglia di homo sapiens,slamer (una M non ce l’ha fatta), scimie (come sopra), con quel linguaggio odiosamente barocco, con quel feroce, infantile, notorio disgusto che la borghesia da sempre vomita addosso le classi subalterne, in special modo quando osano rivendicare il diritto a produrre arte, musica e poesia “organica” al proprio stato sociale, senza il rifiuto della propria condizione, senza il desiderio di lasciare il fango della strada per sedersi a declamare nel salotto buono, con la plastica sulle poltrone e quell’odore di naftalina che fa rivoltare lo stomaco.

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