La distanza tra necessario e desiderio

Le cose hanno un valore che sfugge. Sfugge la relazione che c’è tra il tempo occupato dal lavoro e il denaro guadagnato e speso per ottenere un oggetto.

Quanto costa un oggetto in termini di impegno e qual è la soddisfazione reale che se ne trae?

Le cose stesse non valgono più molto. Gli oggetti esauriscono il loro compito presto per scarsità di qualità o perché più o meno coscientemente ci si stanca di possederli, inevitabilmente attratti dal nuovo. Il fascino devastante e ottuso del nuovo. Un’attrazione irresistibile verso qualcosa che il più delle volte rispetto al vecchio ha solo la banale e zuccherosa qualità della novità.

Chi può resistere allo zucchero?

Ci sono poi le follie pure; una volta davanti alla vetrina dell’ottico mi sono chiesto: ma che cazzo servono degli occhiali al titanio che durano mille anni, quando fra un paio d’anni vorrò sicuramente cambiare montatura per averne una diversa? Dureranno novecentonovantotto anni nella spazzatura, ho pensato.

Damien Hirst

E se intorno a noi tutto comincia ad avere poco valore allora ci abitueremo a dare poco valore a quello che ci circonda, comprese le persone o le azioni che compiamo.

Non si può pensare che l’esistenza sia a scomparti stagni. Seguendo questa logica tratteremo come una paio di scarpe anche le relazioni e tutto ciò che non concerne direttamente l’acquisto verrà risucchiato in questa logica perversa e confusa.

Qualche anno fa ho inoltrato la domanda per ricevere un assegno di disoccupazione. Avevo anche intenzione di vendere la mia macchina e acquistare un telefono di una certa marca. Mi sono accorto che il prezzo di entrambe era pari al mensile che lo Stato elargiva per sostenere il mio momento di difficoltà. Allora ho fatto una ricerca tramite alcuni siti che propongono indicatori di spesa e prezzi e comparano il costo della vita di svariate nazioni dalla quale è nata questa poesia.

3 pensieri riguardo “La distanza tra necessario e desiderio

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