Grazie signore Buon Natale

Per tutto novembre ho fatto il postino. Per tanto tempo ho pensato: «sarebbe bello fare il postino». Invece è un mestiere di merda. Cioè è bello andare in giro per la città vestito di giallo con il motorino a tre ruote, parlare con la gente; sì, anche con un clima ostile. Non è affatto bello essere caricati come muli, con la consapevolezza che il lavoro non può essere svolto per intero e il solo intento di creare quell’ansia di inadeguatezza costante che ti fa sentire stupido, frustrato, e ti spinge a regalare tempo all’azienda per superare il tuo senso di colpa. Non è neanche bello non sapere, se non il giorno prima, il turno che farai il giorno seguente; l’incertezza come strumento di controllo esteso della vita. E fortuna che parliamo di un’azienda statale. Chiacchierando di questi problemi ho capito che questo tipo di ingiustizie e soprusi, che nella mia esperienza pensavo fossero superati, accadono costantemente e in molti lavori. Sono solo io che sono fuori dal mondo. E se mi sono imbruttito così profondamente in poco più di un mese, ora capisco meglio chi, senza altre possibilità o vie di uscita, diventa una persona orrenda.



Per strada ho pagato solo un euro
per un Grazie Signore Buon Natale,
il cappello sgualcito nelle mani
il freddo nelle braccia, braci ardenti
nello sguardo. Chiuso nel mio cappotto
caldo, in ritardo per un macchiato
e una brioche con noci macadamia
ho infilato quattro dita in saccoccia
e trovato il tempo per sorridere
al tizio, fuori luogo come arredo
stradale malfermo, come un pupazzo
di nero agghindato per le feste
dalle occhiate dei passanti del centro.
È probabile che mi sia fermato
d’istinto, forse perché infastidito
dal metallo in tasca, dalla fatica
del percorso a ostacoli del corso,
evitando le signore perbene
i fascisti camuffati da umani,
per non morire nel videogioco
del Natale. Quest’anno mi regalo
la libertà da un impiego ostile
dalla sicurezza di un salario
mi regalo un chiaro futuro incerto.

“Tree” Paul McCarthy

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